Nel Catasto Napoleonico del 1815 l'attuale Casa Pamio risulta costituita da due differenti particelle catastali (270 e 272), ciascuna di un diverso proprietario e definite “casa con bottega d’affitto” e “casa d’affitto con bottega”. Nel sommarione di riferimento, il lotto 270 viene registrato come possesso di tale Saler Elisabetta figlia di Gaetano e il lotto 272 di possesso di tal Barbaro Francesco figlio di Marco. Presenti anche due orti indicati dalle particelle catastali 269 e 271.
Nel Catasto Austriaco del 1845, le particelle catastali corrispondenti all’attuale Casa Pamio sono indicate con i numeri 760 (con orto già compreso nel lotto) e 761 (762 il lotto catastale dell’orto). Si tratta di due lotti distinti, ciascuno definito “casa con bottega e portico ad uso pubblico”. Analoga la localizzazione delle particelle 760 e 761 nel Catasto Austriaco del 1852 e nel Catasto del Regno d’Italia del 1873.
La planimetria odierna, è quindi costituita dall’unione dei due corpi di fabbrica. L’acquisto dei due lotti, trasformati nell’unica proprietà Pamio, si colloca in un momento più recente. Il lotto 760 (casa di tre piani con otto vani), nei documenti allegati al catasto italiano risulta di proprietà della famiglia Nalin e dei suoi eredi ma ceduto, per acquisto, nel 1899 a Muraro Angela, moglie di Pietro Pamio (anche se non è indicato, è plausibile che la famiglia Pamio detenga già il possesso del lotto 761). Nel 1939, per successione, i due immobili diventano possesso di Ida Pamio e il lotto viene registrato come “casa con osteria e portico a uso pubblico di piani 3, vani 12”.
Le raffigurazioni di Casa Pamio vengono realizzate probabilmente nel XVI secolo.
Alcuni Autori ipotizzano che il committente delle decorazione della facciata possa esser la famiglia Capodivacca. Figura centrale fu quella del Cardinale Capodivacca figlio di Frizelino, attivo nella prima metà del XVI secolo, colui che “vecchi edifici e rovinati dalla guerra restaurò ampliando”, come si legge nell’iscrizione del 1530 rinvenuta nella dimora Capodivacca in via san Lorenzo (“Cardinus Capovaccensis Friz. fil. has edes vetustate, ac bello dirutas ampliando restauravit. A.D. 1530”). Trattandosi del momento storico anche di realizzazione delle decorazioni parietali di Casa Pamio, è suggestiva l’ipotesi di un’analoga committenza, di conseguenza, il 1530 costituirebbe termine per un’eventuale datazione delle decorazioni di Casa Pamio.
Diversa l’ipotesi di Lava che interpreta decorazioni come opera di un artista locale (forse padrone dello stesso stabile) a dimostrazione delle proprie capacità tecniche, e non oggetto della committenza di una famiglia aristocratica.
Il Fantelli menziona un restauro avvenuto dopo l’unificazione degli edifici nel XVI secolo, attribuibile proprio alla famiglia Capodivacca; non si può escludere una acquisizione degli immobili da parte dei Capodivacca in un momento postumo alla realizzazione delle decorazioni parietali e un loro successivo restauro, il tutto in un arco cronologico compreso tra il XVI e XVII secolo.