L'edificio è l'antica “turrim comunis”, ossia la torre campanaria civica della città di Padova. Compare nei documenti dei primi anni del XIII secolo (1204) anche se la storiografia maggiore la ricorda venduta da Tisone da Camposampiero – ridotto in prigionia dai conti di Celano e bisognoso di denaro – alla comunità patavina nell'anno 1215.
Nella trecentesca Visio Egidii Regis Patavie di Giovanni da Nono la Torre degli Anziani è menzionata, in particolar modo, per la sua campana «pro horis pulsandis»: la torre gentilizia dei Camposampiero, persi i connotati militareschi, venne trasformata in un campanile comunale dove trovò posto – oltre ad altre campane minori – una campana “grande” destinata a risuonare i richiami ad indirizzo civile della città. Sempre nella Visio si fa memoria dell’anno 1295 quando, sulla torre, si alloggiò la grossa campana trasportata a Padova nell'anno precedente, un bronzo di grandi dimensioni preso presso il castello di Este e trasportato in città come bottino di guerra. Per l'occasione la Torre degli Anziani fu sopraelevata per essere poi portata a compimento nel 1296, al tempo del podestà pistoiese Corrado da Montemagno. Verso il 1311 la campana grossa si ruppe e venne sostituita con una nuova denominata “Popolo padovano”. Negli Statuti del Comune della seconda metà del Duecento appaiono rigidissimi gli obblighi dei custodi della torre e delle sue campane.
Nella notte del 13 maggio 1387 un incendio colpì i palazzi comunali intaccando la Torre degli Anziani, danneggiandone la struttura e i bronzi. In seguito all’infausto evento, la struttura venne restaurata e rialzata con una copertura monumentale molto simile a quella che già presentava il Campanile di San Marco a Venezia: un dado a pianta quadra, in muratura, fungeva da tamburo ad una cuspide piramidale rivestita da lastre di piombo. La torre mantenne questo aspetto sino al 1585, quando un fortunale ne danneggiò la parte terminale che venne presto ricostruita (1586) in forma di lanterna, a pianta ottagona, coperta da cupola e coronata da una grande statua raffigurante la Giustizia; all'interno di questo “fastigio” venne montata la campana minore, mentre il pesante “Campanon”, rifuso su ordine del podestà Giovan Battista Contarini nel 1566, venne lasciato nell'ampia cella inferiore.
In seguito agli interventi cinquecenteschi la stabilità della torre divenne via via sempre più precaria: si susseguirono numerose le perizie, tra il Seicento ed il Settecento, mirate a definire la pericolosità della struttura che pareva cedere inesorabilmente verso il lato di levante. In seguito al terremoto del 1695 si costruì un contrafforte fondato su uno “zatterone” ligneo, piantato a terra, per contenere la preoccupante pendenza presentata dalla torre. Nel 1746 venne interpellato anche il marchese Giovanni Poleni che scongiurò ogni pericolo di crollo. I numerosi interventi di restauro non sanarono le problematiche statiche della torre che si aggravarono improvvisamente nell'inverno del 1938, quando il podestà Guido Solitro ordinò, a nome della civile incolumità, l’abbattimento della struttura per almeno metà dell’altezza complessiva. L'intervento tempestivo di Ferdinando Forlati, all'epoca Regio Soprintendente, riuscì a salvare la canna duecentesca ma non l'ottagono monumentale. Nell'occasione la Torre degli Anziani venne «liberata nei suoi merli» e consolidata tramite iniezioni cementizie, assumendo l’aspetto che mostra tutt’oggi.
testo di Riccardo Martin